sabato 19 novembre 2011

Orlo-Sylvia Plath

La donna è a perfezione.
Il suo morto

Corpo ha il sorriso del compimento,
un'illusione di greca necessità

scorre lungo i drappeggi della sua toga,
i suoi nudi
piedi sembran dire:
abbiamo tanto camminato, è finita.


Si sono rannicchiati i morti infanti ciascuno
come un bianco serpente ad una delle due piccole

tazze del latte, ora vuote.
Lei li ha riavvolti

Dentro al suo corpo, come petali
di una rosa rinchiusa quando il giardino

s'intorpidisce e sanguinano odori
dalle dolci, profonde gole del fiore della notte.

Niente di cui rattristarsi ha la luna
che guarda dal suo cappuccio d'osso.

A certe cose è ormai abituata.
Crepitano, si tendono le sue macchie nere.

domenica 13 novembre 2011

Arrivederci, addio

E rinnovo lo sguardo,
tuffandomi in differenze e sorprese
che azzerano l’istinto abitudinario,
solo per indagare più a fondo
la fragile natura umana,
stanca di antichi discorsi.
Cercare familiarità
Sfidare estraneità
Accettare estraneità
Annullare familiarità.
Sperimentare ed accorgersi
Che “io” sta
Tra l’esperienza ed il nulla,
come il riflesso mobile
del cielo turchino
nella pozzanghera gialla
di un vicolo di periferia.

Abusare del non senso,
liberare la parola,
liberare l’oscuro
ed inseguire la sorgente
che, calda, grida ancora ostinata
che non mi sono perduta.
Questa resta
La dolce mia tregua
intrisa di illusioni.
Come se d’ora in poi
Non stessero ad aspettarmi
solo fanghiglia, rughe
E sangue rattrappito.

Eppure, già adesso,
Ferito, umiliato,
distante dalla sua stessa pelle
e minacciato dai suoi stessi organi,
il mio giovane corpo vecchio
sussurra note
opache al cuore
e resistenti al tatto;
e s’imbeve nel succo aspro
dell’oblio di scene atroci,
quando rannicchiato
subì la rovina del tempo
contro braccia grigie
e tumefatte dall’idiozia
di chi, senza stile,
pretese diventassi
il compasso delle sue folli ambizioni.

Potere ed amore non andarono mai d’accordo.
Ed ora che finalmente ti perdo,
solo adesso potrei tornare cerbiatto
che impara a rispettare
le urla malvagie e sincere
del ferro e del fuoco,
sfregati l’un l’altro
fino all’ultimo respiro dello stomaco,
in cui riposi in pace.

L'interno

Anima.
Solida, fluida, fatta di aria,
vento, piogge,
grandini e temporali.
Anima che a volte si secca
e diventa arida come una steppa.
Anima che insegue balorda lo splendore,
lasciandosi guidare da passioni
che ne divorano l’interno divenire senza meta.

Anima che si avviluppa in contraddizioni
e non si lascia spiegare,
perché vive di improvvise ispirazioni
e continue incertezze.

Anima che si percepisce appena negli occhi
e viene conosciuta di sfuggita
mediante incauti stati, che
, come ogni passato istituzionalizzato,
non bastano a dare ragione
della sua grazia eterna.

Anima che è dialogo e silenzio,
quiete e lacrime nere
che nessun uomo saprà mai pesare,
Anima il cui valore più alto
resta l’Amore per tutte le creature
ed i morti che nel suo variegato diventare luogo,
ora estraneo, ora familiare,
l’hanno attraversata, trafitta,
sempre modellata,
rendendo distante
quella delle origini.

Anima abituata a trascendere
ogni momentanea soddisfazione,
Anima che spezzerà sempre ogni catena,
crescendo come l’Anima del Mondo,
incapace d’arrestare la sua inquieta
e nobile espansione errante.

Anima che, tuttavia, spesso vacilla
e, come un lupo impotente,
affamato del nulla,
si gonfia per resistere invano
al suo decesso.

Ma poi, perduta nella meraviglia,
l’anima si fa bella,
sognando limpidi istanti
di pura gioia
da sottrarre alla menzogna della Storia caina
e, cercando luce che l’accechi dolcemente,
ingoia la sventura
di non potersi mai fermare a specchiarsi in un solo volto. Così, impaurita tutti li rammenta assorta come i trampolini da cui librando in aria si è gettata a capofitto nella vita immensa in cui fluttua fino al passaggio dell'ultima soglia