sabato 28 gennaio 2012

Caro Ibsen, brucerò la casa di bambola

NORA: Tu non pensi e non parli come l'uomo di cui possa essere la compagna. Svanita la minaccia, placata l'angoscia per la tua sorte, non per la mia, hai dimenticato tutto. E io sono tornata ad essere per te la lodoletta, la bambola da portare in braccio. Forse da portare in braccio con più attenzione perché t'eri accorto che sono più fragile di quanto pensassi. Ascolta, Torvald; ho capito in quell'attimo di essere vissuta per otto anni con un estraneo. Un estraneo che mi ha fatto fare tre figli...Vorrei stritolarmi! Farmi a pezzi! Non riesco a sopportarne nemmeno il pensiero!

HELMER: Capisco. Siamo divisi da un abisso. Ma non potremmo, insieme...

NORA: Guardami come sono: non posso essere tua moglie.

HELMER: Ma io non ho la forza di diventare un altro.

NORA: Forse, quando non avrai più la tua bambola.



Grazie Ibsen per aver cercato di far capire già nel 1879 che "ci sono due tipi di leggi morali, due tipi di coscienze, una in un uomo e un'altra completamente differente in una donna. L'una non può comprendere l'altra; ma nelle questioni pratiche della vita, la donna è giudicata dalle leggi degli uomini, come se non fosse una donna, ma un uomo".

Purtroppo è passato quasi un secolo e mezzo e questa verità continua a sfuggire, e tante Nora continuano a fare le bambole, come se ogni lotta per l'emancipazione non fosse mai esistita, come se gli squilibri nella coppia a vantaggio dell'"uomo" e l'accettazione di una sudditanza intellettuale, morale, spirituale e fisica, fosse qualcosa di naturale .

Se ti ho tradito io, che quest'opera l'avevo studiata attentamente come corso monografico di storia della filosofia moderna tantissimi anni fa, perchè stupirsi che altrove, dove non si è stati così fortunati da potere leggerti e confrontarti con tanti altri tuoi amici drammaturghi, filosofi e filosofe, antropologi e sociologi, le catene femminili rimangano intatte?

Negli ultimi anni, fino ad un paio d'anni fa, ti sono stata fedele, credimi. Mi tornavi in mente di continuo, ma poi ho iniziato a tollerare, ad abbassare la guardia, in una parola a non lottare più per la mia libertà e soddisfazione, lasciando che vincessero lo stordimento di questi tempi brutali e la paura di essere ormai corrotta irrimediabilmente. E così ho fallito. Mi sono perduta, annichilendo Nora e la sua voglia di riscatto.

Non odiarmi troppo. Come vedi ti ho ritrovato.

Perciò ti invoco, per darmi la forza per perseguire nel mio intento e supplicarti di non farmi detestare troppo se adesso torno a distruggere quell'insostenibile casa, darle fuoco, guardarla crepitare con una punta d'eccitazione sconfinante nell'osceno, proprio di ciascun essere umano illuso di potersi sbarazzare sul serio di ciò che ha vissuto.

Tu sei grande, puoi farmi questo favore, andiamo! E magari suggerirmi una brillante sceneggiatura per i giorni che verranno.

Ti dico solo che se si potesse scegliere ogni volta che si cambia pagina della storia della propria vita un destino, vorrei che da oggi il mio fosse quello della migrante, con un cuore vagabondo e nessuna radice certa, consapevole come sono della mia precarietà che divora sè stessa.

Dici che ci riuscirò, Henrik?

In attesa di tue illuminazioni oniriche,

ti porgo i miei più cari saluti dall'al di qua, dove non si sta mai tanto bene. Soprattutto oggi.

Silvia

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