lunedì 14 settembre 2009

Il post di Danilo

Lo pubblico qui perché non è riuscito ad inserirlo nella bacheca del "gruppo fb".
(Attendo con ansia il sito, per non disseminarci e "periferizzarci" troppo...).
Ecco qui cosa ci scrive l'architetto:

PERIFERIE(A)

Dalle discussioni emerse nel nostro primo incontro son venuti fuori degli spunti interessanti.
Credo sia essenziale, per la migliore comprensione della “periferia” in quanto luogo dell’abitare contemporaneo, l’organizzazione di una o più visite all’interno di questi colossi immaginati nonostante i pessimi risultati, per accogliere un fiume di umanità.
Già, perché se è vero che la periferia possiede connotazioni identiche in tutto il pianeta( degrado sociale e urbano, solitudine, disagio giovanile, alienazione dal contesto urbano, isolamento, chiusura…), probabilmente a causa della visione ristretta ereditata dalla pedante cultura Ottocentesca, è altresì vero che ogni periferia possiede necessariamente una specificità di carattere storico-sociale, urbano-topografica che la identifica rendendola unica e perciò analizzabile come fenomeno unitario.
Come già ricordato ieri sera, credo fermamente che nel caso della nostra città,
il ruolo predominante in questo gioco perverso che ha ridotto la totalità del territorio dalle pendici della Conca d’oro alle coste ad una scacchiera abitativa per lo più sovradimensionata e priva di servizi, sia da accreditare al connubio tra mafia e politica ed alla totale assenza dello Stato sovrano per oltre mezzo secolo.
La Palermo dei nostri nonni, quella degli anni Cinquanta, era la capitale del Liberty della scuola di Ernesto Basile, la Conca d’oro era una distesa di terreni agricoli in cui non era difficile perdersi tra i profumi degli agrumeti e del gelsomino, un complesso ed organico sistema di Ville e pertinenze, insisteva all’interno di questo mare verde intessendo con le borgate(Uditore, Cruillas, San Lorenzo, Sferracavallo, Pallavicino, Partanna, Malaspina, Crocerossa, Noce,Portello, Acquasanta, Arenella, Acqua dei corsari, Oreto, Guadagna, Ciaculli, etc…) un legame vitale il cui vettore ultimo era cuore commerciale del Centro storico.
Un’economia identitaria quella lì.
Fatta di prodotti della terra e del mare, ma di questa terra e di questo mare.
Credo che sia ancora l’economia l’attore principale delle sorti delle nostre città, del nostro modo di abitare, il danaro, quello facile, quello d’affare. La fame dei viddani provenienti da Corleone, alimentata dall’interesse oligarchico della dirigenza della democrazia Cristiana Siciliana e probabilmente del “Divo”, ci consegna oggi una realtà urbana in cui diviene improprio parlare di Periferie ma piuttosto di Periferi”A”.
Un magma saturato di abitazioni-dormitorio scarne di servizi e nonostante la vastità del territorio in questione, ancora monocentrico, la cui identità è fortemente ancorata al ricordo della dimensione abitativa dei luoghi carichi di storia del centro storico.
Una periferia dunque non come le altre malgrado le assonanze ma carica di “sensi” che a noi tocca di saper mostrare, segni, tracce di un passato negato, spesso celato dai mostri di cemento armato della speculazione edilizia palermitana, luoghi questi divenuti specchio della società che li ha generati e desiderosi di riscatto sociale.
Un’ultima considerazione prima di chiudere vorrei spenderla a favore dell’indagine di carattere estetico immaginata da Silvia come portatrice di energie positive.
Sono convinto da architetto che l’estetica tanto sottovalutata dalla nostra cultura recente, dall’arte contemporanea al modo di configurare le nostre parti di città nuova, sia la chiave attraverso la quale generare adesione, perché come amava ricordare Carlo Scarpa:” …se una cosa è bella, chi la osserva la sente…”
I luoghi della nostra quotidianità hanno infatti sul nostro benessere percettivo un’influenza enorme in termini di vissuto eppure sento che non sono configurarti come dovrebbero per accoglierci.
Concludo ricordando una considerazione fatta da Bruno Zevi qualche tempo fa, quando ci ricordava che se al cinema trasmettono un brutto film, possiamo non andarlo a vedere, se l’editoria produce cattivi libri a noi è dato di leggere altro, ma se qualcuno costruisce frammenti di città pessimi o deturpa irreversibilmente il paesaggio dei nostri luoghi, siamo costretti a pagarne tutti le conseguenze e non possiamo chiudere gli occhi per non guardare.
A presto, al prossimo incontro,
Danilo 7-09-09

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