venerdì 22 luglio 2011

Lui, Lei e l'oceano

Siamo la sommatoria delle nostre scelte. Introdurre veleni senza interromperne il flusso quando ancora si ha la capacità di intendere quanto siano letali è la prima causa del decesso dell’equilibrio umano, maschile e femminile. Eppure si continua a sbagliare, finendo con il ritenere naturale ciò che non si riesce a rivoluzionare per mancanza di volontà.
Fragilissima creatura, incapace di perseverare nella logica di autoconservazione mangiando il più debole come gli animali, l’uomo ( o solo la donna?) è costretto ad amare per cercare di riprodursi ed in questo modo distrugge sé stesso, a volte la sua parte più fondamentale. Tuttavia questo non accade allo stesso modo.
Assai banalmente si potrebbe dire che l’uomo getta il seme, non sottrae niente al suo essere, anzi lo incrementa. La donna, invece, ovula, può fecondare o no, ma non può che accogliere, fare spazio, venire penetrata, lacerata, ferita. È il dispendio di memoria batailleana, la ricerca di una mancanza d’essere a guidarla, non certo l’autoconservazione violenta di chi impone il suo essere sull’altro con l’intento specifico di dominarlo. La donna, si dirà, si immola, si sgretola, si fa piccolissima e non nasconde le lacrime perché ha bisogno di soffrire per essere biologicamente sana.

E no, e che diamine!
Ricordiamoci sempre di quanto scritto da Anna Koedt nel lontano 1970, in The Myth of the Vaginal Orgasm. Attraverso il mito freudiano della penetrazione, «le donne sono state definite sessualmente nei termini che piacciono agli uomini [...] siamo state nutrite col mito della donna liberata e del suo orgasmo vaginale - un orgasmo che di fatto non esiste».
Come dirà Carla Lonzi: «la donna clitoridea non ha da offrire all'uomo niente di essenziale, e non si aspetta niente di essenziale da lui. Non soffre della dualità, e non vuole diventare uno».

Tutto questo è ignoto ancora alla maggior parte degli uomini. Chi ne è consapevole, invece, è probabile celi con abilità la sua disperazione, ammesso che la conosca sul serio, nel non potere appagare come pensa la "sua donna" e nel dover rinunciare ad esercitare la sua potenza senza timore degli effetti nocivi per chi gli sta accanto.
Forse fa finta di niente e prosegue convinto di dominare sul serio la sua "pupa", regalandole qualche gioiello o prenotando dei week-end che spezzino la routine.
Compagne con cui condividere "occasioni" di fuga, da esibire come trofei a qualche cocktail, senza ostacolare nè la carriera nè il fancazzismo. Questo per molti devono essere le donne, nient'altro, possibilmente mute e con l'elettroencefalogramma piatto.
Che continui pure ad inscenare insulse lotte per il riconoscimento e mai per la riconoscenza, inseguendo ideali di potere che la donna ha sempre trovato ridicoli!
Alla donna della dissennatezza maschile ormai non dovrebbe più importare un fico secco...
Se sono stati i maschi a fare le guerre, lei sa benissimo che è accaduto perché a curare le ferite erano le infermiere (così come infermiera fu una delle prime femministe, Emma Goldman) e perché ad aspettarli a casa erano le mogli e le fidanzate, tradite, dimenticate, con retorica suadente riconquistate, senza che si lasciasse mai loro la possibilità di pensare ad un bene proprio.
Eppure, ancora oggi, la donna spesso dimostra di non sapere affatto cosa ciò voglia dire.
Sono tutte apparentemente pazze le donne – o solo quelle eterosessuali?- che non hanno ancora chiaro quale dannato equilibrio possa mai spettare a chi voglia vivere il sentimento amoroso, senza rassegnarsi all'apatia che rende al confronto più succose persino le vicende narrate nei telefilm americani.
Ancora troppe volte sembra che non si sia compiuta alcuna emancipazione effettiva, che il femminismo sia stata una nuvoletta rosa in un cielo ormai del tutto nero. E questo accade non solo quando si verificano gli ormai noti orrori nelle stanze del potere, tra troione di regime e prostitute consumate dalle logiche contemporanee del "ti mostro il pelo e ti dileguerai, ma prima dammi tutto ciò che hai".
Ci sono donne che quotidianamente, malgrado il recente movimento "se non ora quando", borghese come è borghese questo tipo di femminismo, ancora si distruggono pensando di non valere niente se non sono toniche a sufficienza per piacere al loro uomo. Si sfregiano, ritenendosi, per diverse ragioni, troppo imperfette ed inadeguate. Si svendono, immaginando che nessuno possa trovare loro degne più di quanto non faccia un meschino ciarlatano incontrato per via, dopo tanti esperimenti che hanno solo fatto crollare il sogno infantile del principe azzurro. Sono pronte improvvisamente ad arraffare le briciole d’affetto di chiunque sia disposto a portarle a cena una volta, a coccolarle un po’, farle sentire belle e materne.
Così le loro esistenze svaniscono in un desiderio mai appagato di un coito vaginale che, qualora anche miracolosamente giungesse, non varrà a giustificare tutti quei salti mortali per tenere in piedi una coppia e, poi, forse, una famiglia.
Soltanto i figli, inutile negarlo, rimarrebbero come garanzie che il loro essere abbia un significato profondo e più duraturo. Ma sono sempre meno propense a generare, perchè l'indipendenza economica è un lusso sempre più raro, innanzitutto. E poi perché riconoscersi nel maschio, anche il più tenero di tutti, resta una speranza di impossibile concretezza, giacché l'impressionante mutevolezza del sesso maschile, indebolito e frustrato all'inverosimile, rende ogni compagno decisamente inaffidabile, uno specchio frammentario nel quale ogni riflesso benefico viene presto rimpiazzato da uno mostruoso, che diete isteriche e corse forsennate verso l’ultimo paio di scarpe alla moda cercheranno invano di compensare.
Per fortuna ci sono le amiche con cui trasformare questa desolante situazione in un ironico pomeriggio trascorso a prendere in giro la bassezza maschile, un attimo prima di perdersi in nuove dinamiche di vanità e sottomissione che le renderanno sempre distanti dalla scoperta di un essere alternativo a quello suggerito dalla tradizione.
Insomma, a cosa è servito il femminismo? A rovinare gli uomini, rendendo indefinita la loro "virilità"? A rendere ancora più insoddisfatta la donna etero, pronta a pensare che le "affinità elettive" siano un'utopia e solo le lesbiche possano essere felici?
Non lo so. Ma da quello che ho imparato in questi anni traggo la conclusione che se si sceglie la solitudine, se ci si mette in testa di potere scardinare del tutto questo andazzo, rinunciando interamente al meccanismo perverso della seduzione, si è già fuori dal tracciato della salvezza.
Si rinuncia al corpo, si mortifica un’altra volta la sessualità per il gusto di una preziosa “dignità” che dura poco, come effetto glorioso di una fortunata stagione di determinazione di sapore maschile.
Perciò, l’alternativa mi sa che è non sciogliere il nodo. Rimanere nell’aporia. Accettare l’incomparabilità dei tratti che rendono l’uomo e la donna due isole lontane in un oceano che dipende solo da noi rendere, pur in mezzo a tante tempeste, tutto sommato navigabile, piuttosto che pensarlo inquinato al punto da impedire qualunque avvicinamento.
E quando ci si stanca, non solo nuotare da soli non guasta, ma nessuno assicura che lo scopo sia veramente raggiungere l'altra isola e piantare una tenda lì.
L'importante è uscire fuori dalla propria isola, perdersi nel mare dell'esperienza... e poi sarà quel che sarà.
Perchè, se signori si nasce, donne si diventa.
Fate un bel respiro, perciò, care donne, la partita è tutta nostra, e, giocata con strategia o con buone dosi di pietà che sia, attende tutto il nostro entusiasmo, il bisogno-voglia di scrivere nuove pagine di Storia che non mortifichino l'impegno di chi ci ha preceduto, lottando per la nostra libertà.
Scacciamo via ogni attacco di panico della malora... e tuffiamoci perchè, dopo tutto, è molto meglio annegare che soffocare.

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