sabato 30 luglio 2011

Se non spera non troverà l'insperato (e negherà che si dia l'in-spirato)

Ci sono cose che esistono ma che non riusciamo a vedere perchè siamo come ciechi, assorbiti dalle nostre private congetture; altre che non esistono ma continuano a sembrarci reali e di cui parliamo come se fossero viste da tutti; altre ancora che vediamo solo noi e che restano invisibili agli altri, com'è giusto che sia.
Il mistero della bellezza è quello che ancora tiene in piedi molti ricercatori d'oro, incapaci d'arrendersi ad accettare la consumazione che divora se stessa imposta dal loro secolo, e decisi a sfidare le leggi del tempo che sottrae l'incanto, un attimo dopo averne mostrato una sua piccola, indimenticabile parte.
Sono costoro degli anticonformisti ? In un mondo livellato, appariranno probabilmente tali. Ma sono persone normali, certamente distanti dall'americanismo infiltrato anche nelle ossa ed ostili ad ogni tipo di semplificazione, che sanno come ognuno sia un mondo a sè e che ciò che lega tutti in fin dei conti sia solamente quella porzione condivisibile attraverso la lingua e tutto ciò che dal linguaggio deriva, ma che è così poco decisiva nella storia fitta di turbolenze del singolo da suscitare in loro ripetute disapprovazioni e fasi di rigetto totale dell'idea di "appartenenza".
I ricercatori d'oro sanno che le esperienze non possono essere narrate, così come i piaceri ed i dolori più grandi non possono venire in alcuna maniera indicati e resi percepibili a chi solo perchè ha un organismo umano ed è mortale non è immediato affatto riconoscere appartenente allo stesso genere.
Essi amano più le differenze delle identità, ma non si stancano comunque di cercare affinità, sapendo bene quanto proprio questa sia la cosa più difficile da trovare sotto questo cielo.
Camminano con magliette speciali con scritte che brillano al sole, del genere "Vuoi salvarti con me?" o "Cerco un affine". Ma vengono abbracciati più da topi e da maiali, che non da qualche essere umano intorno, poco disposto ad ascoltare veramente le loro sciocche elucubrazioni.
Del resto, la loro solitudine si confonde con quella stratosferica della "massa", ma i ricercatori d'oro hanno fiducia nella potenza della cultura, speranza che nell'aprirsi al mondo con curiosità, tante domande e raffinata sensibilità non ci si faccia contagiare dalla stupidità cosmica dei dormienti e dagli slogan che popolano tanti cervelli intorno.
Vivono per distinguersi solo per potere distinguere, sospettando sempre più tragicamente che ad estinguersi comunque alla fine saranno loro.
Hanno sognato le rivoluzioni come tutti, hanno vissuto le crisi della politica come tutti, ma senza mai lasciarsi irretire nella logica di dominio che guida la società occidentale.
Hanno tenuto gli occhi aperti perchè la poesia non tramontasse, le orecchie rizzate perchè un suono nuovo li sconvolgesse, le mani protese verso un volto triste cui offrire una carezza, il naso ben sturato per mantenere familiarità ancestrale con le cose importanti e respingere vizi e scelte improprie, ed hanno tenuto la bocca sempre più spesso chiusa, per non coprire con i loro discorsi il ritmo perfetto dell'universo.
Quando andranno via, potranno dire di avere attraversato la vita sfruttando tutti i sensi, trascorrendo le giornate in continua lotta come e più degli altri. Ma ciò basterà loro a pensare di aver vissuto sul serio ciò che contava vivessero?
I ricercatori d'oro smettono di credere a tutto ciò che è possibile navigare con imbarcazioni speciali, ma umane, quando all'improvviso si ammalano o perdono qualcuno.
Colpiti, affondano anche loro. E non conta più nessun'etica della bellezza, a quel punto non sembra più saggio nè interessante scolpire le giornate all'insegna della ricerca della meraviglia.
Non sono più in grado di darsi alla barbarie, l'educazione estetica non riesce a farli essere esattamente come la massa, nemmeno se lo volessero con tutte le loro forze.
Ma feriti, strozzati dal dolore, non sanno più cercare l'oro. Non sono più capaci di farlo. Tutto quel che era in loro potere fino a quel momento si rivela fugace più dell'istinto ottuso che per lo più guida- come amano villanamente pensare- gli altri. La memoria si sgretola, la speranza è in frantumi, le gambe immobili e doloranti, la testa pesante ed il respiro affannoso.
Svuotati improvvisamente di tutto ciò che li ha costituiti finora, i ricercatori d'oro adesso hanno solo un obiettivo: dimenticare, dimenticarsi.
Annientare se stessi, perdendo qualunque interesse per le cose, le facce, i discorsi, la storia, gli aneddoti, i profumi e le musiche più stupefacenti che l'umanità ha saputo creare.
Tutte quelle tracce umane non riescono più a suggerire loro la presenza di Dio. E quello che i ricercatori d'oro stavano inconsciamente cercando da sempre, invece, era proprio Lui.
Aspiravano ad un suo caldo abbraccio, scrutando le sue opere con devozione senza ammetterne la Paternità suprema. Ed ora, incerti e confusi, spiazzati dalla consapevolezza che la stessa bellezza sia un lusso troppo difficile da mantenere quando si è ad un passo dalla morte, elidono tutte le risposte certe accatastate negli anni, non riuscendo a porre argini efficaci ad un dubbio devastante che li attraversa in ogni particella cromosomica, li rende insonni, instabili nelle relazioni affettive, seppur sempre preoccupati per tutto ciò di cui non sanno più prendersi cura come era stato altre volte possibile.
Si stanno chiedendo dov'è. Gli stanno domandando se c'è e perchè li ha abbandonati. Perchè tutto questo dolore, perchè questa trasfigurazione? Se ne sentono la causa, scorgono indietro i momenti topici in cui hanno scelto la strada sbagliata, determinando una serie di eventi discutibili, che li hanno fatti allontanare dalla loro originaria sete d'oro. Ma c'è qualcosa che eccede il loro senso di responsabilità. Il timore che a fare da contraddittorio al Kosmos non sia il caos, ma un piano del tutto soprannaturale, che non si può studiare nemmeno secondo questa contrapposizione così affascinante, che spiega il mondo degli uomini, l'arte e la natura. Ma non si piega, per questo, nemmeno alla psicanalisi, spernacchia Freud, come se, oltre l'inconscio, ci potesse essere ancora qualcos'altro che non si riesce a vedere finchè si ragiona in termini consueti. Fin quando si ragiona, insomma.
Lì non c'è il cosmos con Dio, nè Dio nel caos, nè forse, più terribilmente, il caos in Dio.
Lui non sta più curando i suoi ricercatori d'oro perchè non li ha mai curati davvero. Forse il suo mestiere è quello di dare solo una rapida sbirciatina ogni tanto, come un padre distratto ma indulgente, cui non interessa particolarmente che cosa capita ai suoi figli. Quando questi moriranno, non importa quanto oro abbiano raccolto. Li trasformerà in energia per concedere al pianeta di sopravvivere a sè stesso qualche anno ancora, tutto qui. E poi, finalmente, il suo compito sarà finito. Il mondo finirà. I ricercatori d'oro, i depressi che lo erano stati, i nevrotici che stanno appena conoscendo la perversione nascosta nella loro visione alterata, ebbene tutto finirà in un nuovo Big Bang di segno opposto al primo, che annienterà ogni forma di vita umana, dando un calcio definitivo ad ogni ingenua visione di un Dio-Amore, capace di dare risposte all'irrazionale legno storto dell'umanità, per ingannarlo di essere più buono del cobra e della murena.
Anche una predizione di questo tipo, tuttavia, non scansa la fatica di tirare avanti fino a quel giorno, cercando di non perdersi proprio tutto il meglio che in questa vita può incontrarsi ancora, venire creato, forse ricreato, qualunque sia la sua origine e la sua destinazione, quale che sia la particolare condizione vissuta, la situazione emotiva con cui ci ritroviamo immersi, gettati nell'esistenza, e che varia con noi, come noi variamo grazie ad essa.
Accettare la variazione come la sola formula di resistenza, dunque, può essere possibile solo se ci si illude di poter vivere per sempre, in un equilibrio senza durata realmente misurabile, che tuttavia resta sostenuto da una spes contra spem il cui sapore dolce, se ci si ferma un istante cambiando prospettiva dell'insieme, riaffiora nella nostra bocca facendoci venire l'acquolina di nuovi giorni, nuove albe, nuovi posti e progetti da fare, libri da leggere, discorsi e film con cui intrattenersi, corpi da adorare e da cui lasciarsi amare insaziabilmente. Come se la morte non dovesse venire, non ora. E Dio, buono, giusto, indifferente o vendicativo che sia, se ne stesse comunque alla giusta distanza per una volta, schiacciandoci persino l'occhio quando al timore che osteggia il nostro cuore sappiamo abilmente avvicinare sua sorella speranza e lasciarle fare il suo compito: cambiare aria nella nostra dimora interiore, aprendo tutte le finestre che il terrore sigilla, giocando come un ladro con il nostro respiro che solo la leggera speranza ha veramente "a cuore".
Per tutta la vita ci sarà chi chiuderà finestre e porte e chi le aprirà. Bisognerebbe allora stare attenti tanto all'aria viziata, quanto alle correnti d'aria. Forse non si tratta tanto d'avere paura al momento opportuno, ma solo di non concederle troppo potere, alternandola al moto opposto, che si premura di liberarcene con grazia ineffabile.
La vera disperazione, speranza stravolta come dice il nome, è solo la tirannia della paura, è così semplice ed ovvio che lo si dimentica facilmente.
Perciò, i ricercatori d'oro vanno ad aprire le finestre e si sforzano di respirare a pieni polmoni. Il nuovo big bang si avvicina e non resta loro che aspettarlo serenamente, mantenendo pulita l'aria interiore, da millenni chiamata, non a caso, anima, psychè, alito, soffio di vento..
Dopo tante traversie, i ricercatori d'oro hanno deciso d'essere d'ora in poi solo R-espiro, almeno fino a quando la R per ognuno di loro cadrà. Così, al congedo da questa terra, essi soffieranno via tutta l'aria-aurea negli anni concessi raccolta, perchè chi verrà dopo possa trarne "ispirazione", riprendendo a respirare diversamente, ma in invisibile, eppure reale, continuità con il loro aureo respiro.

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